Le maioliche di Martini
La terza sezione sarà interamente riservata alle maioliche, sculture di piccolo formato che documentano la grandezza e la creatività di Martini. Opere minori solo in apparenza: esse esprimono tutta la tenacia e la curiosità con cui l’artista ha sperimentato ogni materiale possibile e fungono da laboratorio per rielaborazioni successive. Una sezione nella sezione sarà dedicata ai pezzi unici modellati e maiolicati presso l’ILCA di Nervi ed esposti nella personale di Monza. È l’affermazione dello scultore-ceramista che realizza opere a sé, staccandosi dalla ‘dipendenza’ delle logiche industriali. ‘Piccoli’ capolavori dove non manca invenzione, armonia e anche ironia. Tra questi: Donna sdraiata, La fuga degli amanti, L’esploratore, Visita al prigioniero, Briganti, fino alla serie di animali dove spiccano poche pennellate di contrasto.
Accanto alle commissioni monumentali Martini si applica, quasi per contrasto, alla creatività in opere di più piccolo formato. La riflessione sull’antico, dopo la visita a Napoli, lo portò a Blevio sul lago di Como a creare in poche settimane una serie di capolavori in gesso dove lo studio sulla costruzione e il movimento della figura portano a soluzioni antitetiche rispetto a quelle monumentali. Ricerche e sperimentazioni, in opere come Centomestrista, Morte di Saffo, Salomone, Laocoonte, Ratto delle Sabine, Susanna, Amazzoni spaventate eccetera, che nella terza sezione consentono di raccontare l’artista in costante ricerca, capace di ispirarsi continuamente e rielaborare in modo del tutto personale.
I dipinti di Arturo Martini
A Martini pittore è dedicata la quarta sezione. Ad evidenziare come disegno, grafica e pittura siano tracce di una ricerca parallela e complementare alla scultura, evidente nelle cheramografie (termine da lui inventato per stampe da matrici di “sfoglia” d’argilla) degli anni di Ca’ Pesaro e nella grafica “neomedievale” di soggetto religioso, a cui è dedicata anche una sezione della permanente, per l’occasione integrata da opere mai prima presentate in una mostra che riveleranno un aspetto inedito di Martini.
La maturità nei capolavori del Bailo
A concludere il percorso è la sezione quinta “La maturità nei capolavori del Bailo”, con una scelta di capolavori sorprendente ed eccezionale. Le prime sale sono dedicate a I bronzi degli anni ’20, piccola plastica e rilievi degli anni ’20, disegno, grafica e pittura. È alla luce del chiostro del Museo, in uno spazio silenzioso e sospeso, che si compie uno dei più poetici capolavori di Martini, La Venere dei porti, in una dimensione che ha a che fare col senso dell’attesa, della solitudine e della noia racchiusi nel malinconico nudo di una donna che aspetta “l’Amore”. Acquisita dal Comune nel 1933 (90 anni fa), è una delle grandi terrecotte create nel periodo compreso tra la fine degli anni Venti e i primissimi anni Trenta e che costituisce il periodo di più alta ispirazione dell’artista e in cui fonde insieme, in un unicum rivoluzionario, le forme classiche (dall’arte etrusca e greca a quella dei maestri del Duecento e del Trecento) con nuove concezioni plastiche.
Il percorso si conclude in quel chiostro che ospita Adamo ed Eva, l’opera simbolo del Museo e della mostra.