Usato sì, ma con attenzione
Stando a Lifegate, ogni anno nel mondo vengono prodotti 17 milioni di tonnellate di tessuti. Tutti sfruttati? Assolutamente no, e molto dell’invenduto intasa proprio gli scaffali del second hand, costretto anche lui, a darsi al riciclo, spesso tutt’altro che sostenibile. Inoltre, lo dicevamo poco fa, quello del second hand è un segmento dalla crescita esponenziale che, secondo Thread Up- retailer di abiti usati che da anni monitora il settore- è destinato ad una crescita di tre volte superiore rispetto a quella del normale mercato dell’abbigliamento, arrivando a toccare, si stima, picchi del 217{feab5ae4d6f9fdb29e1a7a12d771a87cfbe741416ca3228443c873bd8fa1c842} entro il 2026. Il 70{feab5ae4d6f9fdb29e1a7a12d771a87cfbe741416ca3228443c873bd8fa1c842} dei consumatori, sottolinea sempre il Resale Report, afferma poi che oggi l’acquisto di seconda mano è più semplice che mai, merito di app e piattaforme online che permettono la compravendita in scioltezza.
Questo, per tornare al nostro affaire Tik Tok, ha anche molto a che vedere con i possibili prezzi “gonfiati” dell’abbigliamento usato. La rivendita richiede infatti ore di lavoro: ricerca, pulizia e immagini da scattare che siano pronte alla pubblicazione, fanno parte di un pacchetto (di tempo e denaro) che, in un qualche modo, è giusto ricompensare. Insomma; se abbiamo almeno un po’ a cuore la salvaguardia del nostro pianeta, acquistare abiti e accessori usati è cosa buona e giusta. Ovvio, il tutto non dev’essere un ulteriore trigger all’acquisto compulsivo, così come la pratica del resell non deve sfuggire di mano. Perché rivendere pensando già a quanto si possa guadagnare (con sovrapprezzo) ecco che no, non è per niente etico.