Piaccia o non piaccia (ma la cosa può non piacere solo a certi ultrà da curva che, anziché tifare per una società calcistica, si occupano di biathlon), in casa Italia i risultati pesanti dell’inverno appena terminato portano tutti la firma di Lisa. È lei ad aver vinto l’unica medaglia iridata individuale (nonostante la disdetta del malanno che l’ha costretta a rinunciare all’inseguimento). È sua la sola Coppa di specialità. È sempre lei l’unica ad aver chiuso i Mondiali con 4 medaglie al collo, quando nessun altro azzurro si è spinto oltre quota due. Questi sono dati di fatto incontrovertibili che non possono essere smentiti.
Sinora resta più una piazzata che una vincente (3 affermazioni a fronte di 21 podi complessivi), ma c’è tutto il tempo per cominciare a frequentare con assiduità il gradino più alto. A 28 anni, nel biathlon di oggi, si entra nel cosiddetto “prime”, la fase della carriera in cui si rende al massimo. Negli inverni a venire la sappadina avrà modo di fregiarsi di tutti i trofei più ambiti, siano essi d’oro o di cristallo. I tanti ritiri al vertice apriranno nuovi spazi per chi, al vertice c’è già. O meglio, c’è tornata dopo essere finita ai confini del mondo.