Nella Bibbia non si parla di mela, ma di “frutto” generico: come siamo arrivati a identificare lamela con il frutto proibito che provocò la cacciata dell’umanità dall’Eden?
Sin da quando Eva la colse e la addentò, condannando l’intera umanità a una vita di sofferenze lontano dal Paradiso, la mela è diventata il frutto proibito per eccellenza. Nella Bibbia, però, non vi è alcun riferimento esplicito a una mela, ma solo a un generico “frutto”: da dove arriva dunque la storia che tutti conosciamo e che è stata rappresentata in numerosi dipinti antichi? Lo spiega in un’intervista Assan Yadin-Israel, professore di lettere e studi ebraici alla School of Arts and Sciences della Rutgers University (USA).
LE ORIGINI DEL MALUM. «Il libro della Genesi non menziona mai l’identità del frutto proibito», spiega Yadin-Israel. «I primi commentatori ebrei e cristiani avanzarono diverse ipotesi: i candidati più popolari erano fichi e uva, ma anche melograno e cedro». A partire dal XVII secolo gli studiosi iniziarono a ipotizzare che il frutto proibito fosse invece una mela: questa convinzione derivava da un’omonimia presente nella lingua latina, dove “malum” significava sia “male” che “mela”. Poiché il frutto citato nella Genesi causò la caduta dell’umanità e la sua espulsione dall’Eden, quale miglior candidato al ruolo del malum?
Tuttavia questa teoria, spiega Yadin-Israel, non è supportata dalle fonti latine: «Ho letto le opere di tutti i principali commentatori latini medievali al libro della Genesi, e praticamente nessuno fa riferimento a questo gioco di parole». Senza contare che alla fine del XIV secolo ancora nessun commentatore identificava il frutto proibito con la mela, mentre vi erano riferimenti a fichi e uva.